
TRA LE BRACCIA DI MORFEO E LA CULLA DI AURORA: NON SCENDO DAL LETTO
Nell’Iliade Omero ci ricorda che “uomini e Dèi parimenti piegano il capo al sonno sottomessi”.
Morfeo, dio del sonno, nasce dall’unione di Hypnos, il sonno, con la Notte.
Aveva il potere di addormentare tanto gli uomini quanto gli Dei. Era considerato benevolo ed era attorniato dai Sogni.
Dormiva in una grotta sulle rive del fiume Oblìo: il suo compito era quello di sopire le sofferenze del genere umano. Per far ciò, inviava i suoi figli e collaboratori (Spiriti dell’immaginazione) ad addormentare e a far sognare gli uomini.
Ricordo Morfeo, perché al mattino sempre mi prende l’accidia, la pigrizia di non scendere dal letto.
Diceva mia madre che il letto è una rosa dai petali mai sfioriti e consunti e dal bocciolo sempre profumato.
Il letto mi avvolge, mi accarezza, scioglie le mie membra stanche, come un alveo di un fiume che cerca il riposo del mare, concilia il mio sonno e mi offre alle braccia di Morfeo, perché mi dia tenerezza e pace nella notte.
Voglio restare nel letto
Al mattino voglio restare nel letto: socchiudere gli occhi e liberare la mente dai pensieri belli e brutti: dai rimpianti che portano la nostalgia e dai rimorsi che affondano nella rabbia, nel pentimento. La mente deve essere pura, scevra da tutto, come una tabula rasa, come il fondo di un barile raschiato da ogni cosa, come un tavolo di legno profumato e tolto da tutte le cibarie e vivande di un pranzo pantagruelico.
Voglio accarezzare il mio petto villoso, guardare gli occhiali, non prenderli, non inforcarli. Con pervicacia intendo resistere al richiamo del libro, dell’ IPad o del telefonino. Tutto deve tacere: devo sentire solo il silenzio ed il battito del mio cuore.
Il letto mi deve ancora tenere: come una barca in un mare cheto che all’alba aspetta il canto dei gabbiani ed il raggio di sole che annuncia il giorno.
Nel letto non mi devo girare e rigirare: mi stancherei; devo lasciarmi tendere ad una posizione quasi immobile e da lontano guardare la punta dei miei piedi, congiungere le mani dietro la nuca e lasciare i pensieri colorati dal cielo.
Non scendo dal letto: aspetto Aurora dalle dita celesti, sorella di Selene (la luna) e di Elios (il sole).
Attendo la sua levità giocosa che sparga il mio risveglio con rose gialle e rosse e mi culli ancora un po’ prima che arrivi la frenesia del giorno.